Sasso tremante

urban fantasy su una giovane inglese dai mille problemi

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  1. CB-PR
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    Capitolo 1
    Sono Violet Carter, sono un sasso e sto tremando. O, meglio, sono stata messa in un sasso e, se potessi muovermi, tremerei. È la mia anima a tremare. Un sassetto grigio in un parco naturale pieno di erbacce su cui piove, a Newcastle nel Regno Unito.
    Devo tenere la mente impegnata, devo sognare in fretta, magari un sogno realistico. Sarebbe l'ideale.
    Avanti, pensa, pensa! Potrei tenermi distratta lanciandomi in un sogno lucido, e invece sono qui con l'ansia di dover pensare e riesco a pensare solo a questo.

    Dai, forza, visualizza, sogna! Niente. Ma io uscirò. Prima o poi questo sasso si frantumerà, e allora sarò libera.
    -Un anno prima-
    "Violet17, il tuo racconto è in qualche modo deprimente e allo stesso tempo freddo. Manca di emozioni e quelle poche emozioni che ci sono saranno frutto del caso".
    Mi alzo in piedi sulla moquette grigia, guardando il grande monitor nella mia stanzetta buia in affitto; perdo le staffe e dico sibilando, per non svegliare i miei coinquilini: «Che cosa?!». Mi precipito a rispondere al post sul forum Write-at-night, e scrivo:
    «Non me ne frega niente che sei l'admin. Tu non puoi trattarmi così, sarai brava tu a scrivere. Vediamo che cosa sai fare».
    Aspetto abbarbicata con ansia sulla mia poltroncina girevole e poco dopo un suono di campanellini mi segnala che ho ricevuto una risposta.
    WriteAtNightAdmin scrive: "Parole come "frega" ed espressioni di sfida come "sarai brava tu", non sono in linea con lo spirito del forum, per cui ti sto bannando e sto eliminando la discussione".
    «No! Pezzo di una maledetta che non sei altro. Tu non puoi ...!». E invece può e come.
    Basta, devo uscire dalla stanza se no spacco il computer a pugni. Tuona. Inizia a piovere e le gocce ticchettano sulle guarnizioni usurate della finestra.
    È la vigilia di Capodanno e qui a Newcastle sono le undici di sera. Dovrei essere in compagnia di amici e conoscenti vari, o almeno di qualche parente. E invece sono sola. Devo staccarmi dai social network altrimenti la gente vedrà che sono online. Magari potrei capire in due minuti perché sono così sola, che cosa sbaglio quando mi rapporto con le persone.
    Sì, potrei comprare uno di quei libri del tipo "Motivazione per il successo" oppure "Come uscire dai social e socializzare". I consigli del caso sono "sorridi sempre" e "ascolta con interesse". Posso spararmi, per favore?
    No, non posso, ho parenti a Brighton che starebbero male sapendo della mia morte. Così mi tocca ancora vivere. Eppure non sono bruttissima. I miei capelli neri sono corti ai lati e sul davanti; sulla nuca sono lunghi e raccolti da uno spillone di legno nero elegante; sono alta uno e sessanta, ho gli occhi castano chiaro dalla forma leggermente a mandorla e una bella pelle chiara.
    Con un vestito giusto e qualche ritocco ben fatto sono presentabile. Sono una ragazza inglese presentabile e nessuno mi fila di striscio. Mi guardo un attimo allo specchio ed esco.
    Basta scrivere. Sono una fallita anche in quello.
    Arrivo a piedi su Osborne Road. La via è piena di alberi, pub e giovani universitari sotto ai loro ombrelli. Almeno il conto alla rovescia devo farlo in compagnia. Mi aggrappo al più sfigato di una comitiva, bevo qualcosa e aspetto mezzanotte, sì, il piano è questo.
    -
    Sono le 23:12 e guardando verso nord, intravedo il campanile della chiesa parrocchiale di Saint George alla fine di Osborne Road. Sono sotto al mio ombrellino grigio, circondata da gruppetti di ragazzi davanti al Radar, un piccolo pub illuminato di verde, e non riesco a smettere di guardare il campanile. Una ragazza mi passa accanto mentre si avvicina all'entrata del pub dicendo al telefono: «... solo il dieci per cento ...». Un'altra la segue con un tizio con cui condivide l'ombrello dicendogli : «... non è un grosso rischio. Contando le probabilità è quasi regalato ...» e poi un quarantenne alle mie spalle dice: «... e poi non rischiare niente è peggio che rischiare tutto ...». Un altro gli risponde: «Sì, in effetti se potessi tornare indietro mi metterei totalmente in gioco».
    Faccio un miscuglio mentale di quelle frasi e sono imbambolata in un'idea vaga: rischiare il dieci per cento di me stessa. Ma sì, dovrei solo dire qualche frase di circostanza. Chiedere che ore sono al primo che passa è da idioti; tutti hanno un cellulare. Stessa cosa per le indicazioni stradali. Ovviamente anch'io ho uno smartphone col navigatore. Trovato.
    Entro nel pub, mi avvicino al bancone e trovo due ragazzi alti, capelli rasati. Stanno seduti ognuno al proprio sgabello e parlano sorridendo nel rumore generale delle chiacchiere sovrastato a intervalli da una base house. Busso con un dito alla spalla del ragazzo più vicino. Ha qualche runa tatuata sulla nuca.
    Lui si gira, con un'espressione serena e interrogativa. Abbassa la testa per prestarmi orecchio e io gli dico ad alta voce per farmi sentire: «Non so cosa bere! Non bevo mai! Tu che bevi?». E lui, senza cattiveria: «Chiedi al barman, ne sa più di me». Ma sei un idiota. Ti sto chiedendo qualcosa a caso, giusto per interagire. Rimango a bocca aperta per mezzo secondo, poi mi sporgo sul bancone, ci appoggio i gomiti e chiedo al barman: «Due rum e pera. Niente flaring». Cioè, niente acrobazie in freestyle, mi fanno girare lo stomaco. Sento la gente vivere alle mie spalle e ho paura di girarmi.
    Non devo cadere nella fase dell'invidia, in fondo sono una persona anch'io. Il dieci per cento. Dai, provaci con qualcun altro, magari quando tutti saranno più brilli e aperti.
    Sono le 23:17, sono ancora al bancone, e più la gente beve, più i gruppetti diventano serrati. Mi faccio un selfie per vedere come sto e guardandomi vedo che nella foto c'è una ragazza bionda seduta a un tavolo che mi sta indicando. Non capisco che espressione ha perché la sua testa è mossa. Ma forse stava solo indicando il barman che è davanti a me. Mi giro e le vado incontro. Lei si fa piccola piccola mentre nota che mi avvicino e mi dice: «Questo tavolo è occupato». E io: «Lo so». Le altre al tavolo si girano per guardarmi nascondendosi dietro ai loro drink, una di loro trattiene una risata.
    La bionda viene illuminata per un attimo da un faretto mobile e scopro che è sui trenta quarant'anni. Si alza e cercando di placare i miei bollenti spiriti, mi dice: «Ok, ok, ti stavamo indicando perché abbiamo fatto un gioco stupido. Una scommessa.
    Secondo la mia amica Yara tu ci proverai con altri nove ragazzi e al decimo farai colpo. Secondo me ce la farai prima del decimo». Le rispondo senza spazientirmi troppo: «E io sarei una da decimo tentativo?!». E lei: «Non dirlo a me, dillo a lei. Ti presento Yara». Dal lato meno illuminato del tavolino proviene una voce molto giovanile: «Piacere, Yara». E io: «Piacere mio, Violet».
    Capitolo 2
    Siamo in sei al tavolo, tutte ragazze, chi più giovane e chi meno. Il silenzio è rotto da un evento imprevisto: gli altoparlanti nella sala amplificano la voce di un ragazzo passabile che ha appena preso possesso del karaoke: «Yara, questa è per te». Parte la base di “Flawless” di George Michael e il ragazzo inizia a cantare male, ma di un male memorabile, e non smette. Yara volta lo sguardo verso il palco e poi si rivolge a noi, con gli occhi spalancati, e dice a bassa voce: «Ma … oddio. Chi è questo?». La bionda che mi aveva indicato le dice divertita: «Problemi tuoi».
    Un faretto mobile bianco illumina Yara e non si stacca da lei, ed è in quel momento che mi accorgo che il suo aspetto è una versione migliorata del mio. Naso, labbra, pelle … è simile a me, ma è meglio. Sudditanza psicologica istantanea. Ha anche uno spillone che fissa il suo chignon, ma il suo è dorato. Il ragazzo al karaoke sembra non avere coscienza della situazione. Ci vuole bravura a sbagliare ogni singola nota, sia nel tempo che nell’intonazione, ma almeno il testo lo sa a memoria. Yara si alza in fretta e furia e dice: «Pago tutto io alla cassa e ce ne andiamo. Su, prendete armi e bagagli». Stanno uscendo dal pub. Se mi accodo senza dire niente sembrerò una zavorra. Nella fretta, una delle ragazze, bassa, ricci biondi tinti, mi versa per sbaglio del gin-cola sui collant e mi dice subito: «Uuuh, scusa! E adesso? – il suo sguardo mi sembra sincero – Ti prendo dei fazzolettini?». Intanto Yara si rivolge al nostro tavolo e dice ad alta voce: «Pagato. Andiamo». La ragazza che mi ha versato addosso il gin-cola mi dice: «Dai, seguimi, sistemiamo tutto fuori». Che bello, ho una scusa per aggregarmi. Adesso devo solo gestire bene la situazione e non strafare.
    Sono le 23:19. Ha smesso di piovere. Siamo sul marciapiede davanti al Radar e le ragazze formano un semicerchio davanti a me guardando le mie ginocchia sporche di gin-cola. La ragazza coi ricci biondi tinti mi dice: «Scusami, sono una scema. Non mi succede mai. Pensa che come lavoro faccio la cameriera». E io: «È meglio che ti sia successo qui e non al lavoro». Lei mi risponde con un veloce sorriso guardandomi dal basso coi suoi occhi azzurri e dice: «In effetti ... Una fortuna nella sfortuna. Io sono Beth, piacere». Io: «Piacere mio, Violet». Beth: «Dai andiamo al vicolo che porta a Reid Park, lì è sempre buio. Ti togli le calze in due secondi e poi andiamo a sparare un po’ di fuochi d’artificio».
    In due passi arriviamo al vicolo, in cui si può respirare il profumo degli alberi, e siamo a metà strada tra Osborne Road e Reid Park. Non si vede niente, se non le lucciole tra i tronchi e la luna oltre le fronde rigogliose. Via le calze. Le piego e me le metto in borsa. Beth illumina le mani di Yara che tengono una bottiglietta di plastica in cui sembra che ci sia acqua. Beth mi si accosta e mi fa: «Sai come si chiama?». E io: «Uhm, non è acqua, vero?». Beth: «È una scemenza di alcolico che ha inventato Yara». Yara fa un mezzo sorrisetto mentre prende dei bicchierini di plastica e dice: «East west south. È così che l’ho chiamato». Beth ne prende un cicchetto, poi Yara, poi le altre. Tocca a me. Bevo. “Ma cos’è?! Alcol etilico?”. Non ho nemmeno il tempo di pensare che barcollo verso destra, barcollo verso sinistra, e poi inizio a cadere per terra. Vengo presa all’ultimo per le braccia da Beth e Yara. Adesso ho capito perché si chiama “East west south”. Vertigini. Devo fare in fretta un atto di volontà: devo farmi venire un’ubriacatura allegra, non una di quelle deprimenti. Innanzitutto per essere simpatica, e poi anche per me stessa.
    Mi ritrovo a scavalcare goffamente un muretto di pietra, mentre cinque o sei lucette di smartphone illuminano tremolanti una discesa terrosa che attraversa cespugli selvaggi. Yara dice a bassa voce: «Spegniamo le luci, se no ci vedono». Le ragazze scendono verso il fiume largo circa sei metri che divide in due il parco e giunte alla riva si tolgono le scarpe. Gli alberi incorniciano la scena mentre la Luna è allo zenit. Siamo nell’acqua fino alle ginocchia, vicine alla riva, e Yara mi chiede: «Ma quindi tu che fai? Sei studente?». Oddio, sono troppo brilla per inventarmi qualcosa che stia in piedi. Lascio cadere le mie difese, la guardo e rispondo: «Sono una scrittrice, ma non ho mai venduto più di cinquanta copie». Tutte mi guardano spalancando gli occhi, prendono un respiro e dicono ad alta voce: «Noooo». Beth alza le mani e dice: «Shhh …» poi dice a bassa voce: «Anche tu? Ma è impossibile! Anche noi! C’è proprio un magnete! Non è normale. Vi rendete conto? Yara, sei un magnete».
    Yara mi mette una mano sulla spalla destra e mi dice: «Ti spiego. È cominciato tutto due anni fa. Sto seduta a scrivere in uno Starbucks e, non mi ricordo di preciso come, ma inizio a parlare con Beth. Da cosa nasce cosa e scopriamo di essere tutte e due scrittrici. Poi io e Beth iniziamo a uscire insieme per la città e così nel giro di qualche mese troviamo Emma, Jenny, Flavie e Gwen. Anche loro scrittrici. Visto che sono venute dopo, io e Yara diciamo che loro sono “le ragazze del cerchio esterno”». Le ragazze del cerchio esterno si presentano dicendo ognuna il proprio nome e dandomi una fugace stretta di mano. Yara dice orgogliosa: «… io e Beth siamo quelle del cerchio interno, perché abbiamo venduto più di cento copie a testa. A proposito, mi è arrivata una notifica sul telefonino. Solo oggi ho venduto dieci copie. Dobbiamo festeggiare. Altro giro?». Secondo cicchetto di East west south. La luna ondeggia verso sinistra, verso destra, e poi perdo i sensi.
    Capitolo 3
    Ho gli occhi chiusi e sono su un morbido divano, lo sento al tatto. Nessun letto avrebbe una coperta così rugosa. Apro gli occhi e vedo Yara in piedi dietro a un bel tavolo d’acciaio smussato a spremere arance con uno spremiagrumi manuale. La stanza è ampia; da una larga e bassa finestra viene la luce di una giornata nuvolosa. Pareti arancioni, un ampio parquet chiaro. Mi metto seduta sul divano e Yara mi dice senza urlare troppo: «Buon anno! … Liquidi: acqua, succo d’arancia eccetera. È quello che ci serve. Il bagno è dietro di te. Non sai che ti sei persa la notte scorsa. Eravamo troppo curiose e così abbiamo aperto i tuoi documenti per sapere il tuo cognome, così abbiamo potuto leggere i tuoi romanzi. Ci perdoni?». Io, che non avevo mai ricevuto tante attenzioni, le rispondo calorosamente: «Ma figurati. Anche io avrei fatto lo stesso al vostro posto».
     
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    Ok ce l'ho fatta ...... Qualche domanda se volete rispondere ovviamente un po per quriosità mia ma anche per capire meglio il vostro "punto di vista" quanti anni avete? Siete delle lei o dei lui? E a che genere appartiene Il romanzo?
    Comunque da semplice accanita lettrice il mio modestissimo parere è che ...
    A me è piaciuto questo primo capitolo ispira e incuriosisce a continuare la lettura lo trovato interessante ....quindi su le maniche e al lavoro, che voglio sapere cosa succede all'introversa Violet e alle sue nuove forse future amiche?! :shifty: :D :rose:
     
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  3. CB-PR
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    siamo un lui (io 31) e una lei (sui 18), per ora ho scritto solo io chiedendo qualche parere. Ci metteremo un po' a scriverlo e io ho scoperto che avanzo tre lezioni già pagate dal mio maestro di scrittura. Intanto sto leggendo "ma gli androidi sognano pecore elettriche" perché leggere è un buon allenamento per scrivere (sembra ovvio ma in pochi lo fanno. Si dice che in Italia ci siano più scrittori che lettori e forse è vero)
     
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    Sono d'accordo anche secondo me un buon scrittore deve essere anche un buon lettore ....cosa intendi dire con avanzo tre lezioni?
    Il libro che dici non ce l'ho presente dopo vado a documentarmi... :bye:
     
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  5. CB-PR
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    avanzo tre lezioni... uhm forse è un'espressione dialettale che credevo fosse italiana. "Avanzo" nel senso che le ho pagate e sarei dovuto andare per altre tre volte da lui (dal maestro), ma non ci sono più andato per vari motivi (stanchezza ecc).

    Il libro è quello da cui hanno tratto "Blade Runner", ma è molto diverso dal film (almeno l'inizio)
     
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    Aaaa ok no tranquillo :lol: adesso ho riletto e ho capito.... sono stordita dal troppo lavoro in questo periodo :wacko:
     
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  7. CB-PR
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    ah comunque il genere del romanzo è urban fantasy (vedremo se metterci un po' di horror). Sto avendo un po' di belle idee però voglio aspettare di scrivere a 4 mani perché sicuro litigheremo sulla trama :)
     
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    Visto nella descrizione...te l'ho detto che sono stordita :asd:
    Dai ci starebbe bene perché da come parte puo succedere di tutto .....
     
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7 replies since 8/6/2016, 19:55   69 views
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