Andy

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    «È acceso?», domandava l'uomo interrogato dal commissario Williams, facendo riferimento al registratore audio. «Sono pronto a confessare.», esclamò con freddezza. Il commissariato non aveva alcuna informazione su quel tizio. Era stato fermato da una pattuglia notturna mentre si aggirava nei quartieri malfamati della città, vagando, senza alcuna meta. Quando lo fermarono, gli fu domandato cosa stesse facendo in quelle strade, a quell'ora. Gli agenti non ricevettero risposta, e furono dunque costretti a trattenere l'uomo, che non aveva con sé documenti.
    «Ho messo in funzione il registratore, tizio misterioso. Prima di cominciare, ti chiedo per l'ennesima volta di dirci il tuo nome, ti prometto che non ti succederà nulla. In fondo non hai violato alcuna legge.», disse il commissario Williams, sedendosi sulla propria sedia, con una faccia incuriosita.
    «Lasci che le spiega prima alcune cose, commissario. Poi passeremo alle presentazioni.», disse l'uomo misterioso, alludendo a delle informazioni che stava per riferire a Williams. «Voglio raccontarle una cosa bizzarra che risulterà difficile da credere. È pronto ad ascoltarmi? Sta registrando? Tutti devono sapere.», spiegò l'uomo, calando il suo cupo sguardo.
    «Sì, sono pronto ad ascoltarti.», disse Williams, grattandosi il capo, in cerca di spiegazioni.
    «Ho... o meglio, avevo due fratelli più piccoli di me, di pochi anni. Condividevo con loro ogni cosa, commissario, ogni cosa. Non avrei mai fatto loro del male, mi capisce?», esclamò con voce tremante l'uomo misterioso.
    «Sicuro.», confermò Williams.
    «Uhm, dunque. I nostri genitori non erano molto presenti nelle nostre vite, tant'è che abbiamo dovuto imparare ad essere autonomi. Erano sempre fuori per motivi loro. Come si può lasciare tre bambini in una casa da soli? E se gli capitasse qualcosa, come potrebbero affrontare la situazione? Che rabbia. Ho avuto un'infanzia difficile, sa? Io e i miei fratelli non socializzavamo con gli altri bambini, eravamo diversi. Ad ogni modo, nella nostra casa c'era una stanza a cui accedevano solo i nostri genitori, vietando a noi anche solo di avvicinarci.»
    «E perché mai?», domandò Williams.
    «E cosa crede che ne sappia? I nostri genitori ci nascondevano tutto. Ma non era importante, o meglio, non gli davamo importanza. Ci era vietato entrare, allora non ci entravamo. Punto. Anche se...», le sue parole si fermarono in quel momento, e il suo sguardo divenne improvvisamente vuoto.
    «Anche se...?», chiese il commissario, colpito da quella improvvisa reazione.
    «Chiedo venia, non so cosa mi sia preso.», disse con decisione, pronto a riprendere il racconto. «Forse è meglio andare direttamente avanti con la storia, non vorrei annoiarla. Dopotutto siamo in commissariato, non in uno studio di uno psicologo.», esclamò con tono sarcastico. «Non saprei da dove cominciare. L'estate di 6 anni fa, mio fratello Rob ha compiuto 18 anni. Essendo il più piccolo, con l'avvenire del suo compleanno i nostri genitori ebbero la possibilità di parlarci, comunicandoci che sarebbero andati via, lasciandoci in eredità la casa ed una somma grossa di denaro. Non sapevo nemmeno da dove provenisse il denaro, ma accettammo senza esitazione. Dopotutto, siamo cresciuti da soli, non avevamo bisogno di loro.», interruppe il suo racconto, voltandosi di scatto verso il commissario, «E lei, Williams, pensa che avremmo dovuto rifiutare? Eravamo adulti e vaccinati, a cosa ci sarebbero serviti loro?»
    «Cerca di non interrompere la storia, sta iniziando ad intrigarmi.».
    «Farò come dice.», disse il tizio, sorridendo. «Prima che se ne andassero, ci raccomandarono di stare lontani dalla stanza. Così, assieme a loro, portarono via la chiave. Da quel momento in poi non li ho più rivisiti. In ogni caso, la nostra curiosità aumentava col passare del tempo, e con essa il nostro timore verso quella stanza maledetta. Una notte mi svegliai di colpo per andare in bagno. I miei fratelli dormivano beatamente, così cercai di fare meno rumore possibile. Percorsi adagio il corridoio, quando alla mia sinistra sentì un rumore provenire al di là della porta. Indovini un po' di quale stanza?», domandò.
    «La stanza alla quale i vostri genitori non volevano che entraste?», replicò Williams, quasi sicuro di sé.
    «Noto molta perspicacia in lei, commissario,», continuò, «si vede che fa bene il suo mestiere.»
    «Continua pure.»
    «Ascolti bene, dopo quella sera nulla è stato più normale. Tutto cambiò improvvisamente, per una mia sciocca reazione.»
    L'uomo si alzò dalla sedia, avvicinandosi alla finestra.
    «Rimasi impietrito, non sapevo cosa fare. Sembrava una scena di quei film horror che si vedono alla tv. La prima cosa che mi passò per la mente fu di correre verso la mia camera, ma il buon senso non mi fece uno scherzo, quella notte. Pensai di guardare dallo spioncino della porta, per vedere cosa ci fosse all'interno della stanza. Quando avvicinai il mio occhio alla serratura, ne vidi un altro, dall'altra parte.» in quel momento l'uomo si fermò nuovamente, abbassando la testa. Si voltò verso il commissario e attraversò di nuovo la stanza, sedendosi. «So che probabilmente nella sua testa in questo momento frulla l'idea che io sia pazzo, ma posso assicurarle che ogni parola uscita finora corrisponde a verità.»
    «Assolutamente, sono interessato alla storia.» rispose Williams, mentre sorseggiava il suo caffè.
    «Iniziai a correre, molto veloce, urlando. Volevo svegliare i miei fratelli, ma quando tornai nella camera vidi ciò che mi distrusse: Rob era morto. Aveva ingoiato la sua stessa lingua, e Jack, altro mio fratello, se ne stava lì buono a dormire! Capisce, commissario? Nostro fratello era morto e lui dormiva!» l'uomo alzò improvvisamente il tono della sua voce.
    «Cerca di calmarti, so che può essere difficile, ma se vuoi il mio aiuto devi raccontarmi tutto.» gli disse Williams, tentando di calmare il tizio.
    «Ha ragione, tanto ormai non posso farci nulla...» appoggiò le sue mani sulla scrivania. «Svegliai Jack dal sonno, e entrambi ci perdemmo in un mare di lacrime. Così chiamammo la polizia, cercando di raccontargli l'accaduto. Ovviamente nessuno ci credette. Archiviarono il caso definendo la morte "una causa naturale". Sciocchezze! Sapevo che c'era qualcosa in quella stanza, e che quel qualcosa avesse ucciso Rob. Dopo quella notte, non riuscivamo a dormire. 'Non devo pensarci', continuavo a dirmi, ma i miei occhi erano sempre puntati su quella dannata porta. Jack mi consigliava di lasciar perder quella stanza, ma c'era qualcosa che... mi attirava.»
    «Aspetta.» interruppe il commissario, «Non potevate semplicemente chiedere agli agenti di controllare la stanza?»
    «Giusto. Peccato che in quel momento stessi pensando a piangere per la morte di mio fratello!» esclamò con rabbia l'uomo. «Lasci che le spieghi com'è andata a finire.», si alzò di nuovo, chinandosi sulla scrivania, avvicinandosi a Williams. «Una notte, mi svegliai ancora una volta con la dannata voglia di andare in bagno. Attraversai di nuovo quel fottuto corridoio, e notai che la porta era socchiusa. Capisce? SOCCHIUSA! Come poteva essere? Era chiusa a chiave. Allora la aprii.» guardò fisso negli occhi il commissario, avvicinando ancor di più la sua bocca verso le orecchie di quest'ultimo. «E sai cosa ci trovai?» sussurrò.
    «N-no.»
    «Un bel niente.» esclamò, ritraendosi all'indietro. «O meglio, qualcosa trovai. Ma non quello che mi aspettavo. Era una normalissima stanza, con al centro una scrivania e una sedia, come se qualcuno ci lavorasse. Vi erano penne e quaderni poggiati sul banco, il tutto sistemato alla perfezione. Decisi quindi di riferire tutto a Jack. Quando mi avviai verso la camera, trovai anche Jack morto. Il suo corpo era stato mutilato. La sua testa mozzata era posta sul pavimento. I suoi arti strappati con violenza sparsi per la stanza. Un orrore senza precedenti. Ma stranamente non mi lasciò poi tanto scioccato. All'improvviso, dietro di me dei passi svelti, come se qualcuno stesse correndo. Mi volto di scatto e noto di nuovo la porta socchiusa, quando io stesso precedentemente l'avevo chiusa. Ero parecchio inquieto, non sapevo cosa fare. Così tornai nella stanza, e di nuovo non c'era nessuno. Ma...» si fermò ancora una volta, d'impatto. Si passò la mano tra i capelli e fece un sospiro. «Sulla scrivania erano presenti diverse pagine scritte, dove vi erano raccontate le vicende che stavo subendo. Tutto era scritto, capisce? Qualcuno decideva le sorti di tutti noi. Mi sedetti a leggere per molto tempo quegli scritti, senza capire da dove provenissero. Ecco che all'improvviso una voce dietro di me disse: 'strano, vero?'. Mi girai di scatto e vidi un uomo, un normale uomo. Mi disse di chiamarsi Yand, e che viveva in quella stanza. Era un orfano adottato dai miei genitori, con la passione per la scrittura. Yand mi spiegò che il suo compito era quello di scrivere tutto ciò che accadeva intorno a lui. Era stato cresciuto così.»
    «Come faceva a mangiare?»
    «Uhm, credo che di notte aprisse la stanza per mangiare. Ecco spiegato il motivo per il quale trovai la porta socchiusa, quella notte. Ed ecco spiegato i passi veloci dietro di me. Gli chiesi chi avesse ucciso i miei fratelli, e lui mi parlò di uno strano essere che viveva con lui nella stanza, che per sbaglio venne liberato quelle due notti. Sapevo che fosse stato lui, ma volevo reggergli il gioco. Mi raccontò così tante cavolate che mi venne da ridere, dopo un po'. E tutto questo mentre mio fratello era morto, nell'altra stanza. Haha!».
    Williams si alzò di scatto, sbattendo forte le mani sulla scrivania. «Adesso basta! Mi hai raccontato fin troppe stronzate, è tempo che tu mi dica il tuo nom-»
    «Andy, signore. Mi chiamo Andy.» rispose, interrompendo la furia del commissario. «Adesso è contento?»
    «No! Assolutamente no! Mi hai fatto perdere fin troppo tempo.» Williams spense il registratore.
    «Ha commesso un errore, signor Williams. Io amo documentare gli avvenimenti. Mi lasci terminare la mia "confessione".»
    «D'accordo.»
    «Dopo aver perso tempo a parlare con Yand, lo chiusi di nuovo nella stanza e chiamai la polizia. Questa volta diedero la colpa a un assassino seriale che si aggirava per la città a quei tempi. Non vollero in alcun modo controllare la stanza. Maledetti.» Andy guardò le sue mani. «Era la prima notte che passavo da solo, quella successiva alla morte di Jack. Così aprii la stanza, per parlare con Yand. Ma se n'era andato. Mi sedetti alla scrivania, e iniziai a scrivere racconti di ogni genere. Sentii un gelo improvviso alle mie spalle, mi voltai e lo vidi nella piccola fessura della porta socchiusa: un volto pallido che mi guardava. Un urlo improvviso e...»
    «E cosa?!»
    «Mi accorsi di tutto.» Andy si diresse verso la porta della stanza degli interrogatori, sbattendo i pugni su di essa. «Yand... Andy... racconti... morte, tutto era collegato... ero pazzo, fottutamente pazzo.»
    Williams guardò l'orologio e prese la cornetta del telefono. «Abbiamo provato in tutti i modi di farlo ragionare, ma sembra che il paziente Yand presenti sempre gli stessi sintomi.» si alzò, dirigendosi verso l'uscita di quella stanza di un manicomio, nella quale era rinchiuso Yand. «Sì, amico. Sei pazzo, fottutamente pazzo.»

    Yand Kennedy, scrittore di romanzi horror, accusato di duplice omicidio e rinchiuso in un manicomio criminale situato negli Stati Uniti.
    Il paziente soffre di doppia personalità.
    Senza rimedio.

    questa l'ho scritta stanotte tutta d'un fiato. Forse è inferiore rispetto ad Halloween, ma lascio a voi i giudizi ^_^
     
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