Adele Vieri Castellano - Il Leone di Roma (Roma Caput Mundi #4)

"Lui che faceva anche il fabbro, che aveva forgiato spesso le armi dei prodi legionari di Roma, non sapeva come modellare le sue voglie, come arginarle. Si rifiutava però di passare altri mesi in quello stato. Come se avesse avuto un gladio sospeso sopra la testa, pronto a calare su di lui il fendente mortale.
Quella era la verità su se stesso, quella che Rufo aveva intuito, il motivo per il quale lo aveva invitato a lasciare la capitale del mondo. Forse quel romano lo conosceva meglio di quanto si conoscesse lui stesso.
Le mura bianche, il viale lastricato, le statue colorate delle divinità dell'Olimpo lo accolsero e lui si ritrovò a pensare che almeno lì, a Poros, in quella villa, si sentiva a casa. Molto di più che nel suo villaggio, sperduto nelle fredde foreste germaniche, così vaste da non avere confini.
Gli schiavi gli andarono incontro, un vassoio di frutta e dell'acqua fresca. Lui trangugiò lunghi sorsi, afferrò alcune pesche tagliate a spicchi e poi si avviò a grandi passi verso la scalinata che portava al mare. Aveva voglia di purificarsi, di togliersi di dosso l'odore del sesso, di quei profumi orientali. Era pronto a rinascere e non avrebbe più rinnegato nulla di sé." (Brinnone)